La Bhagavad-Gita – Lo Yoga dell’Angoscia di Arjuna

La Bhagavad-gita, letteralmente “Il Canto del Beato” è un poema in sanscrito composto da 700 versi che, pur nella loro forma concisa, hanno saputo esprimere l’intera conoscenza spirituale del creato. Essa contiene il dialogo che ebbe luogo, agli inizi della grande guerra del Mahabharata, tra Sri Krishna e Arjuna, durante il quale il Signore istruì il discepolo sul significato della vita, insegnandogli come combattere le forze del male ed emergere vittorioso. Il messaggio universale e senza tempo della Gita è onnicomprensivo nella sua espressione della verità.

Il Bene contro il Male

Il messaggio centrale della Gita è profondamente legato al concetto secondo il quale, nell’eterna battaglia tra il bene e il male, il male è destinato a perire e il bene a vincere: è una legge divina immutabile. Il messaggio di Sri Krishna ad Arjuna è un’esortazione per noi tutti a combattere attivamente il male con tutte le nostre forze, consapevoli che questo eterno conflitto è sia esteriore sia interiore.

Mentre la battaglia del Kuruksetra, avvenuta tra i Pandava e i Kaurava, ebbe luogo una volta sola, il dilemma interiore tra il vero e il falso alligna costantemente nella nostra mente. Per l’incapacità di comprendere quale sia la strada giusta da seguire, persino i cuori di anime illuminate sentono la necessità di una guida spirituale, come Arjuna nei momenti di profondo dolore, afflizione e sofferenza.

Sul campo di battaglia Arjuna è molto angosciato e avvilito poiché il suo riverito maestro Drona, il suo antenato Bhisma e molti altri membri della sua famiglia sono schierati sul fronte opposto. Egli desidera solo arrendersi, rinunciare al mondo, rifugiandosi nell’inazione.

Il dilemma morale che turba Arjuna è tra il suo dovere di soldato e l’attaccamento a parenti e amici. Impareremo dalla Bhagavad-gita che l’attaccamento ai nostri cari è una delle maggiori fonti di sofferenza per tutti noi.

Nella vita ordinaria spesso ci si addolora nell’affrontare dilemmi morali analoghi e, come Arjuna, si vorrebbe prendere rifugio nell’inazione e nell’oblio. La Gita ci insegna, invece, che la sofferenza può essere una condizione che sprona sulla via dell’illuminazione spirituale, come nel caso di Arjuna, la cui condizione mentale di disperazione è terreno fertile sul quale Sri Krishna sparge i semi della saggezza eterna.

Dobbiamo comprendere che la disperazione di Arjuna non è una disperazione comune: infatti il primo capitolo della Gita è intitolato “Visada-yoga”, ovvero lo yoga della disperazione. Provare una disperazione così profonda può anche rappresentare un passo in avanti nell’arduo cammino della realizzazione yogica, mentre un semplice stato di inerzia porterebbe, al contrario, alla frustrazione totale.

È lo yoga che nel momento dello sconforto, divenendo profonda ricerca spirituale della Verità, rappresenta un risveglio per l’evoluzione della nostra mente al di là dei suoi stretti confini, consentendoci di ampliare la nostra stretta coscienza.

La Gita ci indica come sostenere le sfide della vita con coraggio e determinazione. Essa non solo ci esorta a combattere le forze del male, ma ci aiuta anche a comprendere il significato della vita e a fare i conti con noi stessi, emergendo vittoriosi dai conflitti interiori che hanno luogo costantemente dentro noi.

Fu Swami Ramdas a dire che: “Non c’è vittoria più grande nella vita di un essere umano della vittoria sulla mente. Il vero soldato è colui che combatte non tanto i nemici esterni, quanto quelli interni”.

Il valore universale della Gita e il suo fascino senza tempo sono enfatizzati dalla totale mancanza di dogmi e bigottismo. Nelle parole di Sri Krishna: “Gli uomini mi si avvicinano in differenti modi, così io li saluto, poiché il sentiero che essi imboccano da vie diverse è il Mio, o Arjuna!” (Bg 4.11).

 

Parte I – LO YOGA DELL’ANGOSCIA DI ARJUNA – Arjuna visada-yoga

“Con una chiara conoscenza della Bhagavad-Gita tutti gli scopi dell’esistenza umana sono realizzati. La Gita è la quintessenza manifesta di tutti gli insegnamenti delle Scritture vediche” (Adi Sankara).

La Bhagavad-gita è rivelata sul campo di battaglia della grande guerra del Mahabharata, una guerra terribile avvenuta tra cugini: i Kaurava e i Pandava. Ha inizio in forma di dialogo tra il re Dhrtarastra e il suo ministro Sanjaya. Poiché il re era cieco, Sanjaya gli offriva un resoconto diretto degli eventi dal fronte della guerra. Il ministro era discepolo del rinomato saggio Veda Vyasa, il compositore del grande poema epico del Mahabharata; per grazia del suo maestro, egli possedeva il potere di vedere a lunga distanza. Così, pur rimanendo seduto a palazzo, riusciva a vedere tutto ciò che avveniva sul campo di battaglia.

Questo capitolo evidenzia quanto, anche il più coraggioso dei guerrieri come Arjuna, non possa essere immune da dubbi su sé stesso e da agitazione mentale quando si trovi ad affrontare un profondo dilemma morale ed una crisi spirituale. Nei momenti di disperazione, quando l’animo umano è avvolto da nubi oscure, il cuore lancia un grido di speranza a Dio, o a un Guru amorevole, affinché illumini il sentiero con la Sua luce divina. In questa situazione Sri Krishna, il maestro ineguagliabile, consiglia amorevolmente Arjuna di ergersi con cuore coraggioso e avanzare per distruggere il nemico.

A questo punto è fondamentale non perdere la nota eroica della Gita: è davvero il “canto della sakti”. La frase chiave del messaggio di Sri Krishna è “Uttishta paramtapa!”, “Alzati, o Arjuna!”.

 

Articolo redatto da: Segreteria di Swami Amrirananda Davide Russo Diesi | Certified Yoga Teacher RYT-500 Yoga Alliance USA – Yogasthali Yoga Society, INDIA. Tratto da libro “Luci dalla Bhagavad-gita” di Basant K. Gupta, edizioni Laksmi di Asya Om.

Istruttore Yoga Davide Russo Diesi

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